Varese ricorda i 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino
Il comitato permanente per i diritti umani di Varese ha organizzato un flash mob per ricordare il 9 novembre 1989. Quando, a seguito di una conferenza stampa confusa, la DDR autorizzò l'abbattimento del Muro
“Nel 1989 i muri erano 15. Oggi se ne contano 77. Sono i muri della vergogna”.
Il comitato permanente per i diritti umani di Varese ha organizzato un presidio per ricordare l’abbattimento del Muro di Berlino.
Il comitato, riunitosi in Piazza Podestà, ha lanciato pochi chiari messaggi: “I muri sono bugiardi; dividono i ricchi dai poveri; sono visibili ma anche invisibili; sono confine contro convivenza“. I riferimenti al presente sono ben esplicitati: “I muri che si stanno costruendo in tante parti del mondo non sono che il prolungamento di tanti altri muri che abbiamo innalzato dentro e intorno a noi”.
La vicenda
Il 9 novembre 1989 venne convocata un’anonima conferenza stampa dal politburo della DDR (la repubblica democratica tedesca, l’allora Germania dell’Est). Il grigio funzionario Günter Schabowski, mentre riportava quasi distrattamente alcune timide aperture che ci sarebbero state nel periodo successivo nei confronti dell’Occidente, disse, nell’indifferenza generale dei giornalisti presenti, che i cittadini dell’Est avrebbero potuto andare nella Berlino Ovest. Incalzato dal corrispondente italiano dell’Ansa Riccardo Ehrmann, senza confermare del tutto non smentì la notizia clamorosa, autorizzando de facto i giornalisti ad annunciare la fine della Germania divisa. Il resto lo conosciamo tutti, con immagini che ormai sono scolpite nella mente di tutti gli Europei. Qui le fotografie riportate da Neues Deutschland, il giornale ufficiale della DDR che esiste ancora: è l’unico giornale dichiaratemente socialista in Germania (e che curiosamente, come riporta Il Post, fu l’unico a non dare la notizia storica nei giorni successivi).
Tra i tanti momenti magici di quella notte, il più particolare è forse quello che il direttore d’orchestra Daniel Barenboim ha raccontato al Guardian: “Mi chiesero di dirigere un concerto la mattina del 12 novembre. Accettai, a patto che fosse gratuito e aperto a tutti. La folla fuori dalla sala era enorme; alcuni erano arrivati alle 4 di mattina. Alla fine del concerto, notai una signora di 60 anni appoggiata al muro con un ragazzo di 30 anni. Mi avvicinai e chiesi se poteva aiutarla: mi diede un mazzo di fiori e mi raccontò la sua storia. 30 anni prima si era sposata e ebbe un figlio. Suo marito, tuttavia, andò nella Germania ovest con il bambino, e non riuscirono più a entrare in contatto; accese una candela ogni sera per tutti quegli anni. Il giorno prima del concerto, un uomo bussò alla sua porta. ‘Ci misi un po’ prima di rendermi conto che era mio figlio’, disse. Quindi decisero di andare insieme al concerto per festeggiare la loro riunione”.
Il momento topico della surreale conferenza stampa di Günter Schabowski, che portò alla distruzione del muro da parte dei cittadini tedeschi e riunendo un popolo dopo una separazione imposta dall’alto e durata ben 28 anni.
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