Calogero Marrone, Giusto tra le nazioni, rischiò di essere dimenticato per sempre
Lo storico Franco Giannantoni ritorna sulla vicenda del funzionario dell'anagrafe del comune di Varese che forniva documenti falsi agli ebrei e per questo deportato nel 1944 a Dachau dove morirà di stenti. Un capitolo nuovo rispetto alla prima edizione è dedicato alla "battaglia" per ottenere il più alto riconoscimento civile dello Stato di Israele
Sono passati ormai quindici anni dall’uscita del libro “Un eroe dimenticato” (Arterigere), scritto dai giornalisti Franco Giannantoni e Ibio Paolucci e dedicato alla figura di Calogero Marrone, capo dell’Ufficio anagrafe del comune di Varese, arrestato nel 1944 dai tedeschi perché forniva i documenti falsi a ebrei e antifascisti che cercavano di espatriare nella vicina Svizzera. Per questa sua attività clandestina, Marrone verrà deportato nel lager di Dachau dove morirà di stenti.
Quel libro ebbe il grande merito di portare alla luce una storia che per anni era rimasta sottotraccia, conosciuta da molti ma mai raccontata forse perché c’era un punto delicato ancora da chiarire: chi avesse tradito Calogero Marrone. Tra l’altro il funzionario avrebbe potuto anche scappare perché era stato avvertito per tempo dell’arrivo dei tedeschi da don Luigi Locatelli, canonico della Basilica di San Vittore. Si rifiutò di farlo per evitare rappresaglie contro i famigliari, scegliendo così di andare incontro alla morte.
IL NUOVO LIBRO
Ora Franco Giannantoni, che è anche un apprezzato storico della Resistenza, ritorna su questa vicenda con una ristampa del libro a cui è stato aggiunto un capitolo che è ripreso nel titolo: “Calogero Marrone da eroe dimenticato a giusto fra le nazioni” (Edizioni Amici della Resistenza). Un aggiornamento doveroso che racconta la lunga battaglia, irta di ostacoli e intoppi burocratici, che ha portato nel 2013 all’attribuzione al funzionario dell’ufficio anagrafe di Varese del massimo riconoscimento civile dello Stato di Israele.
Il primo libro di Giannantoni e Paolucci fu dunque determinante per iniziare il processo di riconoscimento di Marrone quale “Giusto fra le nazioni”. I vertici dello Yad Vashem di Gerusalemme, l’unica istituzione deputata a vagliare le posizioni dei “Giusti”, presero subito contatto con i due autori per avere i documenti storici necessari ad avviare la pratica. La difficoltà maggiore fu recuperare, dopo tanti anni, i cosiddetti “beneficati” e le loro testimonianze. «Solo Marrone e forse qualche collaboratore (il traditore/ la traditrice) – scrive Giannantoni – erano a conoscenza dei veri nomi dei fuggiaschi. Da qui l’impossibilità materiale di risalire da parte nostra, come avrebbero desiderato le autorità di Gerusalemme, all’identità di quegli ebrei che si erano rivolti al capo dell’Anagrafe comunale di Varese».
LE TESTIMONIANZE
La ricerca caparbia di quelle testimonianze portò gli autori sulle tracce dell’ingegner Renzo Russi, di origine ebraica, il quale raccontò che la sorella, Rosanna Russi, nell’autunno del 1943, era andata più volte all’anagrafe per ottenere da Calogero Marrone il documento che ne attestasse l’origine ariana, documento che le permise di mettersi in salvo insieme al marito e ai figli.
I documenti di Calogero Marrone servirono anche alla famiglia Pizzo Centonza per vivere senza essere perseguitata in territorio italiano. A queste si aggiunsero altre voci autorevoli di chi aveva conosciuto Calogero Marrone in vita, come quelle di Franco Pedroletti che aveva accompagnato il funzionario comunale a Lavena Ponte Tresa nel tentativo di mettere in salvo il figlio Salvatore. In quell’occasione Marrone non esitò ad estrarre la pistola per evitare l’intervento dei gendarmi di frontiera svizzeri.
Arrivarono poi anche le testimonianze di Quinto Bonazzola successore di Eugenio Curiel alla testa della brigata d’assalto del “Fronte della Gioventù” e quella di Velia Elda Brusa Pasquè. Calogero Marrone era il terminale di una rete politica antifascista che comprendeva personaggi del calibro di Elio Vittorini, nascosto in una casa alla settima Cappella del Sacro Monte per sfuggire alla caccia dei fascisti, e Alfonso Montuoro, che a sua volta tradito morirà a Mauthausen.
I RICONOSCIMENTI DELLA CITTÀ
A Marrone nel 1994 per iniziativa del sindaco di Varese Raimondo Fassa, del comandante partigiano Claudio Macchi e del rappresentante della comunità ebraica di Varese, Giorgio Cavalieri, è stata dedicata una lapide in marmo bianco posta nell’atrio di ingresso del Comune accanto all’ufficio anagrafe. Nel 2009 su iniziativa dell’Aned e dei consiglieri comunali Carlo Scardeoni (Rifondazione comunista)e Sandro Azzali (Partito Democratico), che già nel 2000 avevano chiesto l’intitolazione di una via a Calogero Marrone, la giunta comunale guidata dall’allora sindaco Attilio Fontana gli dedicò una piccola targa nell’Area Cagna a Biumo Inferiore con la scritta “Giusto tra i giusti“, dicitura non contemplata dallo Yad Vashem, e una dedica dove non si citavano mai le parole fascismo, ebreo, nazismo o campo di sterminio. La targa è stata rimossa e nel 2018, dall’attuale giunta di centrosinistra, per dedicargli una via periferica di Casbeno. Un’altra targa realizzata dall’istituto “Calogero Marrone” è stata invece apposta fuori dalla casa in via Chiesa (oggi via Sempione) dove abitava. Il suo nome compare anche nel Memoriale ai caduti dell’Arco Mera, in mezzo a quelli dei fascisti, mentre il suo volto è stato raffigurato in un murales realizzato dagli studenti dell’Isis-Newton. La storia di questo uomo onesto, solidale e rigoroso è diventato anche uno spettacolo teatrale messo in scena dalla Compagnia Duse di Silvia Sartorio.
Solo Favara, paese siciliano in provincia di Agrigento da cui proveniva Marrone, aveva fatto erigere ben prima del riconoscimento ufficiale un monumento in ricordo di quel figlio che 80 anni prima aveva lasciato la sua terra di origine per servire a costo della vita una causa giusta.
Franco Giannantoni
Calogero Marrone “da eroe dimenticato” a “Giusto fra le nazioni”
Edizioni Amici della Resistenza
Pagine 373, euro 17
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