Cala la percentuale delle imprese che continueranno con lo smart working
Il lavoro agile si riduce sia nell'industria che nell'artigianato. Fabio Lunghi, presidente dellaCamera di commercio: "È giunto il momento di tornare alla normalità"
Un terzo delle imprese industriali varesine vuole confermare nell’immediato futuro le modalità di smart working adottate nell’ultimo anno. Mentre il 21% delle aziende artigiane è interessato a consolidare questa esperienza. Tra le aziende del territorio c’è dunque voglia di ritornare alla normalità.
È quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio studi e statistica di Camera di commercio di Varese a margine dell’indagine congiunturale relativa al primo trimestre 2021. Analisi condotta da Unioncamere Lombardia su un campione di oltre 300 imprese varesine, appartenenti al manifatturiero industriale e artigiano.
PRIMA E DOPO IL COVID
Prima della pandemia solo l’1,5% delle aziende artigiane aveva sperimentato lo smart working, durante l’emergenza sanitaria la percentuale ha toccato punte del 18% nel primo trimestre 2020. Questo pur con le difficoltà legate alla scarsa compatibilità dell’attività artigiana, spesso manuale, con il lavoro a distanza. Quanto alle aziende maggiormente strutturate e di carattere industriale, dove ci sono funzioni più compatibili (si pensi a tutta la parte amministrativa, logistica e di gestione degli ordini), il 57% ha dichiarato di aver utilizzato questa modalità operativa. Fino al 2019, tale quota si fermava al 7,3%.
TORNARE ALLA NORMALITÀ
«Con quell’attenzione all’innovazione e quelle capacità di adattarsi alle soluzioni per coglierne le opportunità che da sempre caratterizzano le nostre imprese – sottolinea il presidente di Camera di commercio, Fabio Lunghi –, il sistema Varese vuole fare tesoro dell’esperienza dello smart working. Ora, nel rispetto di tutte le normative e con la dovuta attenzione alla sicurezza, è giunto il momento di tornare alla normalità e, almeno in parte, a un lavoro in presenza. Ce lo evidenziano le imprese stesse: la percentuale di quelle artigiane che ha adottato il lavoro agile nel primo trimestre si è ridotta dal 18% di un anno fa al 10,4% di oggi. Per l’industria, nell’arco di dodici mesi, il dato è sceso dal 57 al 48%».
BENE EXPORT E OCCUPAZIONE
Quanto alla produzione, da gennaio a marzo, in provincia di Varese, sono cresciute del 4,5% quella industriale e del 3,5% quella artigiana. Un rimbalzo che va letto con cautela, considerando il confronto con il primo trimestre 2020 estremamente difficile.
«Se il secondo e terzo lockdown hanno colpito meno intensamente i settori manifatturieri – riprende Lunghi –, questi dati positivi vanno guardati con prudenza, in riferimento anche alle difficoltà di approvvigionamento sui mercati delle materie prime segnalate da molte aziende nelle ultime settimane. Resta la consapevolezza che il sistema manifatturiero varesino, con la sua capacità di essere competitivo sul piano dell’export, sta già beneficiando della ripresa del commercio internazionale, soprattutto asiatico: la quota di fatturato industriale generata all’estero è stata del 44%. L’auspicio è adesso quello di una ripresa anche dei consumi interni, favorita da norme che potranno essere meno rigide, alla luce delle migliorate condizioni sanitarie. Questo per permettere indispensabili boccate d’ossigeno anche a commercio in generale e turismo e trasporti, ambiti economici tra i più colpiti dalla crisi».
Intanto, emergono timidi segnali di miglioramento sul versante dell’occupazione: nel primo trimestre di quest’anno, il 15% delle imprese industriali e il 9% di quelle artigiane hanno accresciuto l’organico, avendo fatto nuove assunzioni. Da qui, anche una rinnovata fiducia degli imprenditori per l’immediato futuro: mentre migliorano le aspettative per il prossimo trimestre, cresce il numero delle aziende che hanno già recuperato la situazione di mercato antecedente all’allerta sanitaria o lo faranno nell’arco di un anno.
Smart working: come evitare l’indigestione di una cosa buona
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