Cultura: di cosa avrebbe veramente bisogno Varese

Le riflessioni di Bruno Belli sui progetti culturali nel capoluogo: da villa Baragiola al Teatro, dalla Biblioteca al Castello di Belforte

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Essendo in corso la campagna elettorale, molti dei candidati stanno parlando di quello che vorrebbero intraprendere nel campo della «cultura», l’argomento preferito, da alcuni anni a questa parte, di alcuni esponenti politici, i quali cercano di blandire i numerosi cittadini direttamente interessati al mondo che ruota attorno ad essa, considerando che, se veramente si pensasse un progetto serio, l’aspetto del «turismo» debba essere direttamente a lei connesso.

Poiché, però, per esperienza, e per impegno diretto da almeno venti anni, ho imparato che, di fatto, le reali capacità della progettazione politica sono piuttosto deficitarie – se mai nel campo un progetto chiaro ed articolato sia mai stato concretamente non dico attuato, ma solo pensato, mi permetto di esprimere la mia modesta opinione, che, come il solito, sarà sprezzantemente gettata alle ortiche.

Ad ogni modo, ascoltata o no, comunque ritengo che qualcuno debba cominciare a suggerire quali siano i paletti da porre nel terreno dell’argomento. ha come nucleo il patrimonio pubblico cittadino e della provincia.

In certi casi, per giungere al fine in modo serio e concreto, bisogna addirittura ripartire dalle fondamenta e di questo mi faccio forte di una considerazione del sempreverde don Benedetto Croce, il quale afferma che «Il legame sentimentale col passato prepara e aiuta l’intelligenza storica, condizione di ogni vero avanzamento civile e, soprattutto, assai ingentilisce gli animi», così nella prefazione a «Storie e leggende Napoletane».

Allora, si ponga un paletto decisivo nell’area dei Musei civici, della Biblioteca, dei fondi pubblici non solo letterari, delle collezioni, degli archivi, altrimenti ogni tentativo che s’intraprenda non potrà approdare a risultati concreti.

Per il resto, tracciata la chiara linea guida, si dovrebbe far tesoro di quelle realtà che, con qualità e con serietà nei loro progetti, possano fattivamente collaborare con l’amministrazione.

Ad esempio, se consideriamo sempre i Musei Civici, ed aggiungerei l’area non recuperata di «Villa Baragiola» ed il «Castello di Belforte» (che giustamente sta a cuore a molti varesini per il significato storico che esso ricopre), vi è la possibilità di intervenire tramite investimenti non certo onerosi, come invece molti ipotizzano (perché vi sono diversi metodi e differenti strade per riqualificare), rifacendosi, con gli opportuni “aggiustamenti” del caso, ad esperienze simili di recuperi, talora anche parziali nelle diverse destinazioni, così come sono state effettuate con successo in Inghilterra, o negli Stati Uniti, dove sono stati coinvolti anche gli appassionati, come sostenitori “esterni” coinvolti in norme associative.

A questa branca si dovrebbe direttamente collegare un’autentica riqualificazione del Sacro Monte (spesso inopportunamente citato, ma, per lo più, lasciato a se stesso, senza un’idea vitale che lo ponga dal punto di vista di monumento religioso ed artistico quale scrigno di storia internazionale), il quale rappresenta anche il paradigma delle «bellezze naturali del territorio».

Come? Ma, in rapporto alla città stessa, con le testimonianze storiche sconosciute ai più, al lago, con i riferimenti non solo palafitticoli, ed alle realtà confinanti simili per nascita e per destinazione… E resta comunque il nodo del Teatro, scegliendo che cosa realmente si voglia fare: se affidarsi solo al recupero di una sala che, per motivi concreti, non potrà ospitare determinate produzioni («il «Politeama»), se, accanto ad essa, lasciare quel contenitore che sarebbe dovuto essere «provvisorio» e che, comunque, un suo certo compito – certo parziale – lo svolge più che discretamente, oppure se davvero affidarsi alla costruzione definitiva e complessa di un teatro con tutti i crismi.

Se si pensa ad una Varese che realmente voglia guardare verso un futuro che punti sul rinnovato interesse per il patrimonio culturale e per un turismo non di massa, ma presente in modo costante, non ci si dovrebbe accontentare di soli adattamenti (leciti, ma utili solo a determinate proposte), ma progettare un luogo che possa diventare epicentro di esperienze oggi poco più che «in nuce» (penso, ad esempio, alle produzioni liriche), perché il tipo di progettazione e l’utilizzo “remunerativo” di un Teatro è l’esempio concreto del grado di civiltà raggiunto da un territorio.

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Pubblicato il 02 Settembre 2021
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