“La riforestazione è lo strumento migliore per moderare l’evoluzione del clima“

Le considerazioni dell'agronomo Valerio Montonati su alcuni fra i più attuali temi che riguardano ambiente e futuro del pianeta

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Riceviamo e pubblichiamo lo scritto dell’agronomo Valerio Montonati su alcuni fra i più attuali temi che riguardano ambiente e futuro del pianeta.

Emergenza climatica, mitigazione dell’effetto serra sul pianeta e l’esodo di intere popolazioni umane sono all’ordine del giorno di TV, radio, giornali quotidiani, settimanali e mensili ovvero riunioni di politici / tecnici ai più svariati livelli tra singoli stati od organizzazioni sovranazionali. Come ho avuto già modo di dire, personalmente non trovo affatto chiari (nel senso della trasparenza e della completezza della comunicazione) molti degli aspetti trattati relativamente a questi argomenti.

Cercherò di farmi comprendere riprendendone i principali:

1) Salviamo il pianeta terra! Questa frase, riassuntiva dei problemi planetari e capostipite di un pensiero unidirezionale cui mi oppongo fermamente, presa tal quale, mi fa semplicemente rabbrividire in quanto scientificamente profondamente errata e, quindi, per il sottoscritto, inaccettabile. La realtà è che il pianeta terra francamente se frega proprio della nostra specie e delle azioni che essa esprime su di esso procedendo indipendentemente dal nostro volere secondo le leggi naturali. Solo alcune centinaia di milioni di anni fa il nostro amato pianeta ha visto ripetute estinzioni di massa degli esseri viventi che lo popolavano. Faccio un paio di esempi per capirci meglio : Repentini cambi della polarità, con indebolimento del campo magnetico ed incremento dell’incidenza dei raggi cosmici nell’atmosfera, furono causa di cambiamenti climatici (forte raffreddamento in quel caso) ben superiori a quello odierno con estinzioni dell’ordine dell’80% delle specie viventi. Successivamente intensi fenomeni eruttivi che interessarono una vasta aerea delle terre emerse (corrispondenti ad una superficie nell’attuale Siberia pari a circa l’intera Europa) per oltre un milione di anni sconvolsero ancora il clima portando addirittura al blocco della circolazione oceanica di fondo, col suo trasporto di ossigeno, e con la conseguente estinzione di circa il 90% delle specie allora esistenti. Il pianeta ricominciò sempre il proprio lavoro riproponendo, nel corso di milioni di anni, sempre nuove specie. Ancora, con la scomparsa dei dinosauri, si ebbe un’altra estinzione di massa causata dal noto impatto di un asteroide di fronte alle coste messicane. Si ricominciò ancora una volta : i Mammiferi presero il sopravvento e quindi comparì la nostra specie che, attualmente, domina, anche se maldestramente, il globo. Sarebbe, quindi, corretto affermare : “ Salviamo la specie umana! ”, ma se dovessimo scomparire, portandoci anche appresso una forte percentuale delle altre specie esistenti, il pianeta terra non farebbe una piega, ricomincerebbe ancora una volta a produrre nuove specie. Prima che la nostra stella, il sole, cominci a fare “I capricci”, rendendo il pianeta terra inabitabile, passeranno perlomeno un paio di miliardi di anni, pertanto la nostra amata terra vedrà ancora ripetute estinzioni di massa ed altrettante nuove formazioni di specie inimmaginabili.

2) Effetto serra L’effetto serra (con buco dell’ozono – piogge acide – ed eutrofizzazione delle acque tra i problemi ambientali globali in evidenza già negli anni ‘70/‘80) è un fenomeno assodato che interessa il nostro pianeta come altri nel sistema solare (Venere per esempio) e, molto probabilmente, “Infiniti” altri nel resto dell’universo. Come ho richiamato nel mio recente scritto su un articolo del noto matematico ed ingegnere Roberto Vacca, l’effetto serra è indispensabile al nostro pianeta per mantenere una temperatura media ottimale per il mantenimento della vita. Senza un adeguato effetto serra la T° C media sarebbe di -18°C e la vita sul pianeta non sarebbe praticamente possibile, almeno nelle forme più comuni a noi note. Ma cos’è questo effetto serra ? Come ho avuto modo di raccontare nel mio pezzo “ E se a salvarci fosse la prossima ‘mini’ glaciazione?” Il nome deriva dalle storiche serre impiegate per le produzioni orto-floricole fatte di ferro e vetro: la radiazione solare incidente viene riemessa, una volta colpiti i vegetali e i substrati interni all’edificio, sotto forma di infrarosso, una forma di radiazione ad elevata lunghezza d’onda calda e poco energetica. L’infrarosso viene schermato dal vetro e reimmesso nell’ambiente protetto aumentandone progressivamente il calore, come in un’automobile chiusa lasciata al sole. Per il nostro pianeta invece del vetro intervengono i così detti gas serra, tra i principali : il vapore acqueo (acqua allo stato gassoso) che incide per 2/3 sull’effetto complessivo (il 66% c.a. ma secondo alcuni lo sarebbe per il 98%); il metano (CH4) considerato responsabile per l’8%, è 21 volte più potente della CO2. Proviene, in gran parte, da svariati ambienti/reazioni : stagni/risaie/torbiere, fermentazione delle deiezioni animali e dalla digestione dei Ruminati (vacche, pecore e capre allevate, ma anche caprioli e cervi, daini, renne, bufali, antilopi e gazzelle “oltre 100 specie”, gnu, cammelli, dromedari e lama, etc., etc) ; gli alocarburi che sono composti del carbonio associato a cloro e fluoro oltre all’idrogeno per quelli idrati : tra questi i CFC (clorofluorocarburi) già responsabili del noto “ buco dell’ozono”, gas serra tossico a livello del suolo ma fondamentale nella stratosfera per limitare l’accesso delle radiazioni ultraviolette molto energetiche e pericolose per gli esseri viventi. I CFC sono stati banditi e sostituiti dagli HCFC, meno dannosi per l’ozono ma gas serra molto potenti (quasi 10.000 più della CO2) ed estremamente permanenti in atmosfera (fino a 400 anni). Il protossido di azoto N2O (gas esilarante usato come “Blando” anestetico) che è 310 volte più impattante della CO2, proviene principalmente da processi di nitrificazione e denitrificazione (questi processi, per altro, sono essenziali negli impianti di depurazione delle acque luride); l’ozono (O3) : essenziale nella stratosfera per fermare i raggi ultra violetti ha un potenziale come gas serra non ancora ben definito. Il biossido di carbonio o anidride carbonica (CO2) : potrebbe essere responsabile fino al 20% dell’effetto serra. Tutti sappiamo che una parte importante di quella attualmente contenuta nell’atmosfera (c.a. 400 ppm odierni – c.a. 280 ppm del 1800 = c.a. 130 ppm pari a parecchie centinaia di miliardi di tonnellate ) proviene dalla combustione di prodotti fossili avvenuta dalla prima rivoluzione industriale ad oggi : carbone, petrolio (benzina, gasolio, cherosene, nafta, etc.), gas metano. Tuttavia numerose altre cause di emissione hanno contribuito e ancora lo fanno a questo bilancio : dall’attività vulcanica allo scambio aria / acqua oceanica, dagli incendi delle foreste alla respirazione di tutti gli esseri viventi, specie umana inclusa, naturalmente. Azioni come la massiccia deforestazione di vaste aree equatoriali contribuiscono ancora, sebbene indirettamente, ad accentuare il problema.

3) Cambiamento climatico …. e problemi associati …. Che ci si trovi in una ennesima fase di cambiamento climatico (condizione ciclica – talvolta con esiti estremi – dimostrata fin dalle origini della terra), come generalmente ho ripetuto nei miei articoli, appare piuttosto evidente : eventi atmosferici intensissimi (anche sul nostro territorio) sembrano proprio molto più frequenti e massicci che in “Passato”, il continuo arretramento dei ghiacciai alpini e di altre aree del pianeta (la Groenlandia per esempio) e l’avanzamento delle aree desertiche, per citare qualche fenomeno tra i più eclatanti, sono evidenti e verosimilmente associabili ad una attuale tendenza al riscaldamento globale del pianeta terra. Correlati a questo problema (quello della desertificazione ad esempio) sono senz’altro da associare una parte dei flussi migratori, almeno dalle zone sub aride dell’Africa e del Medio Oriente sebbene vi sia sempre da distinguere questo fenomeno anche da altri fattori che determinano vere e proprie diaspore da quelle terre come guerre e persecuzioni . Si pensi ad esempio al caso recente del popolo siriano o quello persistente dei curdi, ovvero alla condizione afgana o dei popoli del corno d’Africa o della Nigeria e dei vicini paesi sempre compresi nella fascia del Sahel. Concentrandoci sulla questione climatica e sul ruolo del CO2 che, da quanto esposto, sarebbe responsabile per 1/5 dell’effetto serra (con un ruolo, dunque, piuttosto marginale) da agronomo desidero evidenziare la soluzione più semplice per ridurne la presenza in atmosfera mitigandone il riscaldamento : impiegare un processo selezionato dalla natura da qualche miliardo di anni : la fotosintesi clorofilliana mettendo a dimora o, meglio, facendo nascere e poi crescere 1000 miliardi di nuove piante. La proposta, a suo tempo formulata dal fisico Freeman Dyson (nel caso specifico sicomori, un tipo di fico, da piantare nella fascia del Sahel) e da me ripresa in un recente pezzo su “Funghi e clima” è stata recentemente rilanciata in occasione della conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Sposando senza riserve questo tipo di approccio desidero, in conclusione, fare qualche osservazione che potrà essere oggetto di successivi approfondimenti : – impiegare le piante per assorbire CO2 è un’azione immediata (specialmente se si seminano piante invece che trapiantarle), efficace e molto più facile che convertire in tempi rapidi le economie del mondo; – il ruolo dell’Italia (cui sarebbe stato attribuito l’onere di piantare un paio di milioni di piante) non potrà che essere marginale riguardo le potenzialità di impianto sia perché ha già contribuito naturalmente all’effetto forestazione con l’abbandono, nei decenni passati, di vastissimi territori agricoli di collina e di montagna, prontamente riconquistati dalle foreste e, quindi, per mancanza di spazi adeguati. Tuttavia potremo fare la nostra parte sostanziosa gestendo al meglio il patrimonio forestale disponibile (in gran parte in stato di abbandono e capace, se ben governato, di sostanziali incrementi della capacità di immagazzinare CO2) ed incrementando sensibilmente le dotazioni verdi dei centri urbani con un ritorno diretto in qualità dell’ambiente come un migliore microclima, la riduzione di taluni inquinanti e, in generale, positivi effetti psico-fisici sulle popolazioni metropolitane. – la fascia del Sahel : un’area pre – desertica di 3 milioni di Km2 che va dalle coste di Mauritania e Senegal sull’oceano Atlantico fino alle coste di Sudan ed Eritrea bagnate dal Mar Rosso, come probabilmente altre zone simili (le fasce pre-desertiche asiatiche per esempio), sarebbe ideale per una simile operazione e con risvolti non indifferenti sulla capacità di resilienza delle popolazioni locali che non sarebbero più costrette o ad emigrare, attività, questa, magari affiancata da una gestione più razionale delle acque disponibili in quell’area o anche in luoghi più distanti. A proposito, tempo fa, interessandomi al fenomeno migratorio come conseguenza della desertificazione di questi territori d’Africa (cfr mio articolo “Africa, i molti migranti che partono perché sono senz’acqua”) mi imbattei nell’esperienza di un collega agronomo che inventò un metodo di aratura particolarmente efficace per la disseminazione di specie arboree ed arbustive della savana dando buone/ottime probabilità di attecchimento (comunque maggiori di piantine trapiantate che, per altro, dovrebbero prima essere prodotte in speciali vivai) con la formazione di boscaglie che si completerebbero dello strato erbaceo, arrestando l’avanzata del deserto e condizionando, migliorandolo decisamente, il microclima locale con tutti i benefici del caso. Si tratta del metodo “Vallerani System” con cui sono stati lavorati oltre 100.000 ettari di terre desertiche tra Africa ed Asia e che andrebbe valutato attentamente ed eventualmente adottato per un’azione a tappeto su tutte le regioni con quelle caratteristiche. Sarebbe proprio il caso di rimboccarsi le maniche ed agire.

Valerio Montonati Agronomo

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Pubblicato il 07 Dicembre 2021
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