Testimonianze e racconti per passare dal disagio alla speranza in “Giovani Smart” a Varese
Analisi di esperti e testimonianze emozionanti hanno reso grande l'incontro organizzato dal Coordinamento Informagiovani/Informalavoro della Provincia di Varese
Come stanno i giovani dopo questi anni di pandemia? Cosa stano facendo gli adulti per tirarli fuori da un eventuale difficoltà? E’ stato questo il centro del convegno dal titolo “Giovani Smart”, un momento di ritrovo e di approfondimento sui fenomeni del disagio giovanile organizzato dal Coordinamento Informagiovani/Informalavoro dell’Area Sviluppo e Sicurezza del Settore Lavoro di Provincia di Varese.
L’incontro, avvenuto nell’Aula Magna dell’Università dell’Insubria di Varese nel pomeriggio di martedì 27 settembre, nasceva da una riflessione sulla condizione giovanile post pandemia con l’intento di approfondire il fenomeno del disagio giovanile: «Un tema di grande attualità ma non ancora pienamente delineato» come ha sottolineato il prefetto Salvatore Pasquariello in apertura, che ha rivolto un saluto «Per un tema che mi impegna da quando sono in città». Un incontro «Importante, perchè il primo che affronta la questione a 360 gradi» ha aggiunto il consigliere delegato della provincia di Varese Simone Longhini.
Un’occasione per condividere l’apertura delle attività sul territorio del bando di Regione Lombardia “Giovani Smart” (dove Smart è l’acronimo di “Sport, Musica e Arte”), finalizzato ad offrire «azioni di contrasto ai fenomeni del disagio giovanile, di promozione e di supporto al fine di offrire percorsi di crescita, partecipazione e inclusione sociale, di supporto psico-fisico ai giovani, mediante l’organizzazione di laboratori artistici, musicali e sportivi ad accesso gratuito e libero» ed è cofinanziato con risorse del Fondo Nazionale Politiche Giovanili 2021: ma soprattutto, un’occasione di riflessione a tutto tondo, seguito da studenti e professori, operatori e giovani per cercare di cogliere i mezzi e gli strumenti per leggere i segnali del disagio e poterli affrontare e prevenire.
Per parlarne, in un incontro denso di ospiti moderato dalla psicologa counselor Maria Garzia D’Amico, è stato chiamato innanzitutto Giorgio Rossi, Direttore Struttura Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Ospedale Del Ponte di Varese, cui è stata demandata: «La parte più difficile della giornata: quella che elenca i disturbi in cui cadono i giovani».
Un elenco di nuove parole che vanno da Hikikomori a Neet: il primo per descrivere quei ragazzini che non hanno nessun interesse ad uscire dalla loro cameretta, il secondo per definire chi non va più a scuola ma non è ancora entrato nel mondo del lavoro. Ma anche di disturbi vecchi, come quelli legati ai disturbi alimentari di cui ha parlato, inframmezzandolo di emozionanti racconti delle sue pazienti, sempre più giovani fino a comprendere bambine, Nikla Bene, psicologa psicoterapeuta presso la fondazione Ananke Varese.
Un disagio che nasce, ma può anche essere intercettato, all’interno della scuola, specie quella degli ultimi due anni: raccontata dalla parte dei più piccoli in una analisi portata dall’Ufficio Scolastico Provinciale di Varese e raccontata da Luigi Macchi, Simonetta Bralia e Laura Caruso e, dalla parte dei più grandi, da Stefano Bonometti, Professore associato di didattica presso il Dip. Di Scienze Umane dell’Università dell’Insubria.
Dove si è scoperto che la scuola è uno dei più importanti luoghi di relazione ma anche uno dei più importanti luoghi in cui si scatena l’ansia da performance, che colpisce sia i figli che i genitori e che provoca le reazioni più drammatiche, dall’autolesionismo all’anoressia.
Drammi umani e famigliari raccontati da alcune intense testimonianze, come quella di Agnese Buonomo, giornalista che ha scritto un libro “La famiglia Divorata” che racconta non solo la storia – finita male, con la morte- di Lorenzo, ma anche quella di tutta una famiglia coinvolta dalla malattia: che ha raccontato anche la mamma di Lorenzo, Francesca Lazzari, che dal dramma ha creato una associazione, “Così come sei”, per poter salvare altri ragazzi che cadono nella stessa malattia.
O come la storia di Aurora Caporossi, che ha attraversato la malattia dell’Anoressia nervosa e ora è presidente e fondatrice dell’Associazione Animenta, nata da giovani per i giovani, per raccontare «Malattiem olto più comuni di quanto pensiamo».
O infine, come le storie di Alba Toninelli (@albina_nfc) e Luna Pagnin (@spaziolunare_), creator digitali che hanno avuto il coraggio di “mettere su Instagram” le loro paure, le loro sofferenze, i loro disturbi, la loro malattia, creando una comunità di giovani che si sostiene e si interroga.
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