Donne e gioco d’azzardo, un problema in aumento ma ancora nascosto
A causa del forte stigma sociale, molte donne fanno fatica a chiedere aiuto. La ricerca internazionale di due studiose potrebbe essere uno strumento per prevenire e combattere la dipendenza
Problema spesso nascosto e sottovalutato, la dipendenza da gioco d’azzardo tra le donne è un fenomeno sempre più diffuso in Italia e in altre parti del mondo. La ludopatia femminile è stata al centro dell’incontro di giovedì 25 marzo sul canale Alumni Insubria moderato dalla giornalista Silvia Milone. Durante la serata è stato presentato il libro «Donne e disturbo da gioco d’ azzardo, una prospettiva internazionale al femminile su trattamento e ricerca» di Fulvia Prever e Henrietta Bowden-Jones.
Il gioco d’azzardo è qualsiasi tipo di gioco con in palio una posta in soldi (o altri oggetti di valore) dove la vittoria non dipende dall’abilità del giocatore, bensì solo dal caso. Il gioco d’azzardo diventa patologico (ludopatia) quando la gratificazione della vittoria e il piacere del rischio si trasformano in “craving” e diventano oggetto di dipendenza.
È dimostrato che per le donne è in media più facile accorgersi di avere un problema e chiedere aiuto rispetto agli uomini. Questo non vale però per la dipendenza da gioco d’azzardo. «Le donne che giocano d’azzardo – spiega Fulvia Prever, psicologa, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Varenna – subiscono degli stigmi sociali più grandi di quelli degli uomini. Questi, insieme al senso di colpa verso la famiglia, rendono le donne più fragili e meno inclini a chiedere una mano. A queste donne serve un luogo protetto dove confrontarsi e trovare aiuto al sicuro dallo stigma. L’aspetto relazionale è infatti fondamentale per combattere la ludopatia, così come il sostegno della famiglia e del partner. Per gli uomini dipendenti dal gioco d’azzardo il supporto dei familiari c’è sempre, mentre le donne sono nella maggior parte dei casi affrontano la terapia da sole».
«Il vero welfare della nostra società sono le donne – afferma Savino Accetta, rappresentante dell’associazione La banda degli onesti onlus e membro della rete civica Noslot Milano -. Quello che si può fare e non viene fatto per il genere femminile equivale a non curare il nostro futuro: le mamme, le donne sono le uniche che possono prendersi cura fino in fondo dei futuri cittadini. Aiutiamo chi deve aiutarli».
Ma come si può quindi intervenire sia dal punto di vista giuridico che in termini educativi? A rispondere a questa domanda è Paola Biavaschi, giurista e storica del diritto dell’università dell’Insubria: «Per fortuna la sensibilità dello stato è cambiata. Dal 2011 in poi è aumentato il controllo del gioco e la ludopatia è stata riconosciuta come una patologia. C’è però bisogno di educare le nuove generazioni, di utilizzare le strutture pubbliche per sensibilizzare al tema e volgere il ricavato derivante dal gioco d’azzardo, in azioni benefiche. Per questo servirebbe un provvedimento ancora più razionale dal punto di vista giuridico».
Gioco d’azzardo e pandemia
Con la chiusura di bar e sale gioco, la pandemia per alcune giocatrici è stata una boccata d’aria, per altre ha invece aggravato situazioni già delicate. «Col lockdown – aggiunge Prever – molte donne in terapia hanno provato sollievo, e solo una piccola parte è passata al gioco online. Per chi invece non aveva intrapreso questo percorso è stato più difficile. Sono aumentate le richieste di farmaci, i disordini alimentari, e a volte i disagi dovuti alla dipendenza si sono aggiunti a situazioni di violenza aggravate dalla convivenza forzata».
I giovani e il gioco d’azzardo
Con lo sviluppo del gioco online, la ludopatia è in crescita anche tra i più giovani. «Attraverso una ricerca svolta nella nostra università – spiega Paolo Bozzato, docente di Psicologia sociale della comunicazione all’Università dell’Insubria -, 431 ragazzi su 560 giocano da azzardo, di cui il 75% online».
«Abbiamo raccolto le testimonianze di 3000-3500 adolescenti – afferma Savino Accetta – per scoprire non solo che la spesa media per il gioco d’azzardo è aumentata, ma anche che nel 40% dei casi i genitori dei ragazzi che giocano online lo sanno e lasciano utilizzare le loro carte. Sappiamo che se qualcuno vive in un contesto dove un certo comportamento è accettato, tende più facilmente a far proprio questo comportamento».
In ogni caso, il gioco d’azzardo patologico tra i giovani è rimasto un fenomeno per lo più maschile. «Sono pochissime – afferma Fulvia Prever – le ragazze catturate nella spirale del gioco d’azzardo. Le donne che aiutiamo sono tutte di una certa età. Di solito sono donne che hanno trascorso una vita a lavorare, accudire figli, nipoti, e cercano un momento di gratificazione tutto per loro».
Il libro «Donne e disturbo da gioco d’ azzardo, una prospettiva internazionale al femminile su trattamento e ricerca» si può scaricare gratuitamente dai principali negozi online. Le autrici hanno voluto mettere in evidenza il profilo del disturbo da gioco d’azzardo nelle donne e fornire ai professionisti una comprensione condivisa del trattamento basato sull’evidenza e della guarigione a partire dalla letteratura e dalla ricerca sul gioco d’azzardo problematico.
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